Stando comodamente seduti in un grande soggiorno di 50 m2 può sembrare impossibile che quello stesso spazio possa contenere un intero appartamento con tanto di camera da letto, soggiorno, bagno, cucina e ingresso; ci sono monolocali con metrature ancora più ridotte: molte giovani coppie hanno a disposizione per la loro abitazione la stessa superficie che i loro nonni adibivano esclusivamente al soggiorno.
A prima vista non diremmo mai che, a parità di superficie, un solo soggiorno può essere grande come un bilocale. Tutto dipende ancora una volta dalla percezione dello spazio; bisogna perciò comprendere le ragioni per cui, a parità di dimensioni, uno spazio può sembrare più grande o più piccolo.
Entrando in un grande soggiorno di forma tradizionale il nostro occhio vede e registra automaticamente la collocazione delle quattro pareti verticali, del soffitto e del pavimento che racchiudono e delimitano lo spazio.
L'occhio trasmette al nostro cervello le informazioni ricevute e que st'ultimo ricostruisce percettivamente lo spazio identificandolo con un parallelepipedo chiuso, una scatola ben determinata e conclusa: per quanto grande sia lo spazio, esso è definito, concluso e stabile, percepito nella sua interezza con un unico colpo d'occhio.
Al contrario, se lo stesso spazio è articolato da setti murari, quinte e partizioni, esso risulta movimentato grazie alla presenza di più locali, di aperture e di scorci che creano visuali differenti; il nostro occhio non sarà più in grado di coglierne in un unico istante la complessità e non lo classificherà come concluso e perciò statico.
Le informazioni che trasmetterà al cervello per ricostruire la scatola in cui è contenuto saranno incomplete e lo spazio verrà percepito come dinamico, fluttuante e, soprattutto, non finito intorno al punto di osservazione.
Se lo spazio viene percepito come inconcluso, viene lasciata aperta la possibilità di immaginare, più o meno coscientemente, che oltre la porta che noi vediamo oppure dietro la quinta che ci delimita la visuale, lo spazio continui a svilupparsi senza un limite, che, dietro a ciò che non vediamo direttamente, non si celino altre stanze o ambienti diversi. Ecco perché, a parità di superficie, uno spazio concluso può sembrare più piccolo di uno spazio ricco di scorci e visuali sempre differenti.
Nei piccoli appartamenti si tende ad unificare lo spazio in un unico ambiente in cui si racchiudono più funzioni: ingresso, soggiorno, studio, cucina si fondono senza soluzione di continuità.
Questo procedimento è imposto dalla scarsità di superficie a disposizione per realizzare ambienti distinti e così si privilegia l'ambiente di soggiorno, facendovi confluire le altre funzioni compatibili, senza però ottenere risultati soddisfacenti nel far percepire la spazio più grande.
Una volta demoliti i muri per unificare l'ingresso, il cucinotto e il soggiorno, i risultati ottenuti non soddisfano le aspettative: la percezione è quella di uno spazio finito, chiuso, ugualmente piccolo. Infatti "buttando giù tutto" non rendiamo la spazio più grande, al contrario lo rimpiccioliamo.
Inoltre, come vedremo più avanti, in un piccolo appartamento le pareti sono indispensabili per sfruttare i volumi anche in altezza.
Per rendere dinamico e non concluso un ambiente si può intervenire sia architettonicamente sia con l'arredamento.
Dovendo ristrutturare, in una casa d'epoca, un bilocale dal taglio classico, costituito da ingresso, cucinotto, soggiorno, camera e bagnetto, si può, apportando piccole modifiche distributive, ottenere un ottimo risultato.
Generalmente i pochi locali di un piccolo appartamento, oltre ad essere contigui uno all'altro, affacciano su un unico corridoio che li disimpegna ed è anche l'ingresso all'alloggio. La disposizione classica degli ambienti è costituita da un ingresso/corridoio che disimpegna, nell'ordine, soggiorno, cucina, bagno e camera.
Sul lato opposto rispetto al corridoio sono collocate le finestre e gli affacci. 11 corridoio si presenta lungo e stretto e, soprattutto, buio.
Le soluzioni distributive che si prospettano sono sostanzialmente due: la creazione di un unico ambiente: (soggiorno, cottura e ingresso); oppure mantenere i tre ambienti parzialmente separati, ma permeabili l'uno con l'altro.
Con la soluzione B si realizza un ampio locale dalla metratura effettivamente generosa, che però percettivamente si presenta come uno spazio fisso, una scatola chiusa; inoltre, all'interno di quest'ambiente indistinto l'arredamento trova difficilmente la sua collocazione per la mancanza di pareti d'appoggio.
Il risultato è la sensazione di aver collocato il divano all'interno di una grande cucina e non quello desiderato, cioè di entrare in un vasto soggiorno.
Con la soluzioone C sono state eseguite molte meno demolizioni e si è ottenuto un susseguirsi di ambienti distinti, all'interno di un unico grande spazio.
Dall'angolo divani lo spettatore coglie la parete illuminata dalle finestre in tutto il suo sviluppo pur essendogli preclusa la vista della cucina.
La cucina non è separata dal soggiorno, ma semplicemente distinta da esso da un muro che non arriva fino al soffitto.
In questa maniera la visione totale del soffitto, che sfugge alla vista sopra la quinta che delimita lo spazio esclusivamente tecnico della cucina, offre la sensazione dell'ampiezza del contenitore in cui ci troviamo.
Analogamente si comporta il setto che racchiude l'armadio dei cappotti all'ingresso: anche questo, non essendo a tutt'altezza, lascia completa la percezione del soffitto, permettendo alla luce naturale di arrivare fino alla porta di ingresso.
La percezione integrale del soffitto e un pavimento continuo che fa da specchio al soffitto contribuiscono alla dilatazione dello spazio.
In questa soluzione lo spettatore è in grado di vedere complete solo due o tre delle quattro pareti che delimitano l'ambiente; questo perché, in qua lunque punto ci si possa collocare, tanto le quinte di arredo quanto i setti murari divisori impediscono di cogliere in un solo colpo d'occhio le sei facce del cubo in cui ci si trova, creando sempre nuove e differenti visuali.
Analogamente succede con la percezione dello stesso ambiente prima vuoto e poi arredato.
Senza la presenza di arredi al nostro occhio manca una scala di riferimento cui rapportare il contenitore al suo contenuto e stabilire le dimensioni di uno rispetto all'altro. Una volta arredato, ci sembra impossibile pensare che lo stesso ambiente, che prima abbiamo visto vuoto, avrebbe potuto contenere tutti quegli oggetti.
Per movimentare lo spazio e identificare la presenza di funzioni diverse all'interno dello stesso ambiente si possono utilizzare anche i ribassamenti e i cambi di livello di soffitto e pavimento.
I ribassamenti, oltre a rivelarsi degli indispensabili ripostigli in appartamenti dove gli spazi per il ricovero sono assai limitati, consentono di influire sulla percezione dello spazio, facendolo sembrare più ampio.
Se l'osservatore, prima di affacciarsi su un ambiente di soggiorno, sosta in una piccola zona di ingresso ribassata e ben proporzionata, avrà la sensazione che il locale successivo sia più ampio, dilatato e generoso.
Questa percezione di grandezza del secondo ambiente deriva esclusivamente dal confronto con il primo che, al contrario, si presenta com presso, minimo, circoscritto attorno alla figura umana.
Dopo essere transitati attraverso questa "camera di compressione" l'ambiente attiguo si presenterà come un'esplosione di aria e di luce.
Anche l'illuminazione e il colore, come verrà affrontato nei capitoli specifici, contribuiscono alla creazione di questo effetto.
Per questo motivo è preferibile creare zone ribassate sopra spazi di ingresso o di disimpegno, anche se fusi insieme ad altri ambienti, in modo da creare una demarcazione delle diverse funzioni all'interno di uno spazio ampio che le racchiude e rendere lo spazio dinamico.
Nella soluzione C sia la circoscritta zona del disimpegno tra bagno, camera e soggiorno, sia la zona in corrispondenza dell'ingresso possono essere ribassate, ricavando un prezioso ripostiglio in quota con accesso da più punti.
Così facendo, all'interno dell'unico ambiente di soggiorno, cucina e ingresso, le tre funzioni restano comunque separate: la zona di ingresso è individuata dalla presenza del ribassamento, la cucina è mascherata dalla presenza di una quinta, mentre lo spazio del soggiorno, pur fluttuando attraverso gli altri, è quello che fa da perno all'impianto distributivo della zona giorno.
È utile sottolineare il perché si è preferito lasciare lo spazio della cucina passante e non chiuso verso il corridoio. Le motivazione sono due: innanzitutto permette alla luce naturale di spingersi in profondità nell'appartamento e, secondariamente, ma non di minore importanza, la praticità di accesso alla cucina, cioè di uno spazio esclusivamente tecnico dedicato principalmente alla preparazione dei cibi e al rigoverno, dal momento che la zona pranzo è uno spazio fluttuante a cavallo fra cucina e soggiorno.
Nell'ipotesi che la cucina fosse stata chiusa con un setto anche verso il corridoio, si sarebbe creato un angolo buio antistante la parte del disimpegno della zona notte. La presenza di questo angolo buio avrebbe influito negativamente sulla percezione complessiva del sistema ingresso/cucina/soggiorno, cancellando la continuità degli spazi all'interno di un involucro più grande che li contiene.
Poiché l'obbiettivo era quello di far immaginare all'osservatore un contenitore più grande di quello che realmente era, creando al suo interno scorci e visuali che ne impedissero la comprensione istantanea, togliendo la luce del soggiorno allo spazio antistante il disimpegno notte, è come se avessimo tolto tisicamente questo spazio dal soggiorno. Tanto valeva al-
lora far avanzare la parete con la porta del disimpegno fino al filo della quinta che racchiude l'angolo cottura. Ma così facendo avremmo nuovamente reso monolitico lo spazio del soggiorno, diminuendo notevolmente l'ampiezza del contenitore e riducendolo ad una forma ad "elle", dispersiva e poco proporzionata rispetto al vasto quadrato.
La seconda motivazione che spinge a non chiudere l'angolo cottura in un cui de sac può sembrare meno importante, ma fonda la sua utilità sul pratico uso quotidiano degli spazi: nella soluzione originaria il percorso fra la porta d'ingresso e la zona predisposta alla conservazione e ricovero degli alimenti è ridotta al minimo e non attraversa ambienti cosiddetti "di rappresentanza" come il soggiorno; al contrario nella variante il percorso da compiere con le borse della spesa si snoda tra gli arredi del soggiorno, risultando così più lungo, tortuoso e poco ordinato.
Inoltre la zona soggiorno si trasformerebbe in uno spazio di passaggio, perdendo la sua caratteristica di fulcro e di ambiente raccolto, dedi cato al relax, alla conversazione e alla lettura.